Nome | Pandone, Enrico | |
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Altri nomi | ||
Titoli | conte di Venafro (1498), duca di Boiano (1525). | |
Data e luogo di nascita | Napoli ?, 1495-1497. | |
Data e luogo di morte | Napoli, 1 dicembre 1528. | |
Città | ||
Cenni biografici | Enrico Pandone, figlio del conte Carlo e di Ippolita d’Aragona figlia del marchese di Gerace Enrico, nacque tra il 1495 e il 1497. Rimasto orfano nel 1498, ereditò i beni paterni di cui, per la sua minore età, fu istituita come tutrice, da re Federico, la madre l’anno successivo (Caetani 1932, VI, 215). Nel 1513 furono stipulati da Ippolita, in qualità di tutrice, e da suo zio Federico, come procuratore, i capitoli matrimoniali con Andrea Matteo Acquaviva, duca d’Atri, per le sue nozze con la giovanissima Caterina, figlia del marchese di Bitonto, Gianfrancesco Acquaviva d’Aragona. Sembra tuttavia che la cospicua dote non sia mai stata versata al conte di Venafro; nel 1526 infatti era ancora in corso la causa sul mancato pagamento dei 10.000 ducati di dote che nel frattempo erano diventati 13.000 per usufrutto, interessi e corredo nuziale non consegnato (Morra 1985, 73). Al matrimonio, celebrato il 10 dicembre 1514 a Napoli nella casa del duca d’Atri, parteciparono i più autorevoli e importanti esponenti della corte vicereale. Dopo una lunga tutela materna, il 29 luglio 1516 Carlo d’Asburgo e Giovanna di Trastámara gli confermarono i beni familiari, pervenutigli per eredità paterna, vale a dire: la città di Venafro cum titulo et honore comitatus e con le gabelle del Quartuccio e del Mal denaro; la città di Boiano; la baronia di Prata comprendente anche i villaggi di Pratella, Mastrati, Capriati, Ciorlano, Fossaceca, Gallo, Letino e la disabitata San Vito; parte della terra di Montaquila; le terre di Santa Maria Oliveto, Roccaravindola, Macchiagodena, Pettorano e Guardia Campochiaro; i castelli o località di Filignano, Cerasuolo, Collestefano, Valleampia, Zandenusio; l’ufficio di capitano, con mero e misto imperio, nel castello di San Polo Matese (Caetani 1932, VI, 163, 300). Nello stesso anno fu ascritto all’Ordine di Malta (Crollalanza 1888, II, 268). A partire dal 1520 in quasi tutti i documenti Enrico aggiunse al nome della sua casa quello di Aragona (Morra 1985, 75). Al raggiungimento della maggiore età Enrico Pandone, che fin dall’inizio si trovò costretto a tacitare una schiera di creditori, non solo si avventurò in speculazioni finanziarie, che non sempre si rivelarono fortunate, ma desiderò mantenere e mostrare un profilo nobiliare di alto spessore. Compagna di questa sua ambizione fu la giovane moglie (Campanile, Tempio d’Amore, f. 236v). Le difficoltà economiche dei giovani conti si concretizzarono in una serie di operazioni di vendita; ad esempio nel maggio 1520 vendettero la bagliva di Prata per 500 ducati; a settembre cedettero al milite Francesco Barattuzzi la rendita di 100 ducati annui sul gettito della gabella di Venafro a scomputo di un prestito di 1.200 ducati; in data non precisabile alienarono il feudo di Valleampia, la terra di Macchia e altri due feudi detti La Romana e Lo Saxo con diritto di retrovendita (Caetani 1932, VI, 302, 317). Il ricorso a prestiti, come quello che Enrico contrasse con il vescovo di Isernia Tommaso Corvino, era necessario per recuperare beni venduti o concessi in pegno. Nel 1522, ad esempio, Enrico Pandone riacquistò per 3.000 ducati da Enrico Mormile di Napoli il castello di Macchiagodena che gli aveva ceduto per la stessa cifra nel 1520 ma l’importo per il riscatto fu versato dallo zio Federico Pandone -1670 duc.- e Ludovico d’Afflitto -1.330 duc.- (Morra 1985, 79). Nel 1525 (16 novembre) Enrico Pandone fu nominato anche duca di Boiano da Carlo V in ricompensa dei servizi resi alla Corona per il passato e soprattutto in occasione del recente tentativo di invasione del Regno da parte dell’esercito francese al comando del duca d’Albania, Giovanni Stuart; infatti qualche mese prima il conte di Venafro aveva partecipato alla vittoriosa battaglia, presso porta San Paolo a Roma, in cui fu arrestata la discesa francese verso sud. Tuttavia durante la spedizione del visconte di Lautrec (1527-1528) Enrico Pandone sostenne le armi francesi. Dopo la resa delle truppe francesi il 30 agosto, Enrico Pandone fu catturato a Venafro e i suoi beni furono confiscati; tradotto a Napoli, fu giudicato colpevole di fellonia e decapitato nello slargo di Castelnuovo (Ammirato 1651, II, 67). | |
Legami con altre persone o famiglie | Per via matrimoniale con gli Acquaviva d’Aragona, per discendenza materna con gli Aragona di Napoli (linea naturale). Altri legami con i Caracciolo, i Piccolomini e i Pignatelli di cui alcuni esponenti risultano essere i destinatari dei cavalli rappresentanti nelle sale del castello di Venafro. | |
Committenza/Produzione di opere letterarie | Il venafrano Battista della Valle gli dedicò il Vallo (ed. pr. Napoli 1521 per Antonio Frezza). Questa dedica permase anche dopo la condanna per fellonia del conte (della Valle 1529, 1). | |
Committenza/Produzione di edifici e opere d'arte | Enrico Pandone fece ampiamente ristrutturare il castello di Venafro, corredandolo anche di un giardino (Morra, Valente 1993); in particolare commissionò un ciclo di affreschi con cavalli, vera e propria ossessione del conte di cui sono testimonianze significative il considerevole allevamento e le scuderie nel palazzo della corte, al piano nobile e un elegante loggiato sul lato occidentale dell’edificio (Della Ventura, Ferrara 2014, 65-80). Un’ulteriore committenza del conte è la “torre et novo edificio” che fece innalzare accanto alla porta del Mercato, su una delle fortificazioni nodali della cinta muraria» (Morra 1985, 83-84). | |
Collezioni di opere d'arte antica e moderna | ||
Monumenti funebri o celebrativi | ||
Fonti iconografiche | ||
Fonti manoscritte | ||
Bibliografia | Ammirato 1651: Scipione Ammirato, Delle famiglie nobili napoletane, II, Firenze 1651 (ed. or. 1580).
Caetani 1932: Gelasio Caetani, Regesta chartarum, VI, Firenze 1932.
Campanile, Tempio d’Amore: Iacopo Campanile, detto Capanio, Tempio d’Amore, in BNN, ms. IX G 42.
Cortese 1931: Nino Cortese, Feudi e feudatari nella prima metà del Cinquecento, Napoli 1931.
Crollalanza 1888: G.B. di Crollalanza, Dizionario storico-blasonico dlele famiglie nobili italiane, II, Pisa 1888.
della Valle 1529: Battista della Valle, Vallo, Venezia 1529 per Niccolò Zoppino.
Della Ventura, Ferrara 2014: Francesca Della Ventura, Daniele Ferrara, «Fe dipignere del vivo i più perfettie più graditi cavalli». Enrico Pandone e il ciclo affrescato nel Castello di Venafro, in Dal cavallo alle scuderie. Visioni iconografiche e rilevamenti architettonici, atti del convegno internazionale di studi, 12 aprile 2013, Frascati, Museo Tuscolano, Scuderie Aldobrandini, a cura di Margherita Fratarcangeli, Roma 2014, 65-80.
Morra 1985: Gennaro Morra, Una dinastia feudale. I Pandone di Venafro, Campobasso 1985.
Morra 2000: Gennaro Morra, Storia di Venafro dalle origini alla fine del medioevo, Montecassino 2000.
Morra, Valente 1993: Gennaro Morra, Franco Valente, Il Castello di Venafro. Storia, arte, architettura, Campobasso 1993.
Valente 1976: Franco Valente, «Presenza in Venafro di un personaggio del Cinquecento», Almanacco del Molise, 1976, 402-431. | |
Link esterni | ||
Schedatore | Luigi Tufano | |
Data di compilazione | 27/04/2016 11:59:37 | |
Data ultima revisione | 15/11/2016 00:03:33 | |
Per citare questa scheda | http://db.histantartsi.eu/web/rest/Famiglie e Persone/253 |